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NASpI, stop ai licenziamenti: o ti dimetti o ti dimetti da oggi | La novità cambia tutto
Rabbia – fonte pexels – sicilianews24.it
Ecco le ultime novità in merito alle dimissioni, ci guadagna solo il datore di lavoro.
La Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego ( NASpI ) è una indennità mensile di disoccupazione per lavoratori con rapporto di lavoro subordinato, erogata in relazione a eventi di disoccupazione involontaria verificatisi a partire dal 1° maggio 2015. La NASpI sostituisce le precedenti prestazioni di disoccupazione ASpI e MiniASpI.
La NASpI spetta dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro. Viene corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive presenti negli ultimi quattro anni.
L’importo della NASpI varia in relazione all’ammontare del reddito percepito nei quattro anni precedenti la domanda di disoccupazione. Se il reddito percepito è inferiore all’importo di riferimento stabilito dalla legge e reso noto ogni anno dall’INPS con circolare pubblicata sul sito (1.227,55 euro per il 2021), l’importo della NASpI è pari al 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni.
Se, invece, la retribuzione media è superiore all’importo di riferimento annuo, la NASpI è invece pari al 75% dell’importo di riferimento annuo sommato al 25% della differenza tra la retribuzione media mensile e il suddetto importo. A partire dal 91esimo giorno, all’indennità si applica una riduzione del 3% per ciascun mese. Nel caso di svolgimento di attività lavorativa, sia autonoma che subordinata, l’importo dell’indennità si riduce come dettagliato nella scheda prestazione.
Licenziamento o dimissioni: chi ci guadagna davvero?
Quando un rapporto di lavoro giunge al termine, datore di lavoro e dipendente hanno spesso interessi contrapposti. Il lavoratore spera di essere licenziato per poter accedere alla Naspi, l’indennità di disoccupazione, mentre il datore di lavoro preferisce che il dipendente dia le dimissioni per evitare costi aggiuntivi. La differenza principale sta nel fatto che la Naspi viene riconosciuta solo a chi perde il lavoro in modo involontario. Chi si dimette volontariamente, salvo eccezioni specifiche, ne resta escluso.
Dal punto di vista del datore di lavoro, invece, il licenziamento comporta un onere economico: il cosiddetto ticket licenziamento, un contributo che deve essere versato all’INPS per ogni dipendente licenziato. Questo costo dipende dall’anzianità del lavoratore e può raggiungere un importo massimo di 1.916,01 euro se il contratto ha una durata pari o superiore a tre anni.
Firma – fonte pexels – sicilianews24.it
Ticket licenziamento: il costo per le aziende
Il ticket licenziamento, calcolato sulla base della retribuzione mensile, ammonta nel 2024 a 635,67 euro per ogni anno di servizio. In alternativa, si considera un importo mensile di 52,97 euro per ogni mese lavorato. Questo contributo non è dovuto per i contratti a tempo determinato, che pur garantendo la Naspi ai lavoratori, non impongono alcun costo aggiuntivo all’azienda.
Per molte imprese, il licenziamento rappresenta un esborso significativo, soprattutto se il dipendente ha maturato una lunga anzianità. Per questo motivo, le aziende cercano spesso di favorire le dimissioni volontarie, riducendo così i costi legati alla cessazione del rapporto di lavoro. Tuttavia, quando il licenziamento diventa inevitabile, il datore di lavoro deve mettere in conto l’impatto economico di questa scelta.
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