Arrivato il primo ‘MALUS’ della storia italiana: anziché darti soldi te li tolgono | Chiunque lavori si prepari alla fregatura
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Arrivato il primo ‘MALUS’ della storia italiana: anziché darti soldi te li tolgono | Chiunque lavori si prepari alla fregatura

Rabbia – fonte pexels – sicilianews24.it

Brutte notizie in arrivo per i lavoratori, bloccate le nuove richieste.

Il trattamento di fine rapporto (TFR) è un’indennità economica spettante ai lavoratori subordinati al termine del rapporto di lavoro, indipendentemente dalla causa della cessazione. Si configura come una forma di retribuzione differita, regolata dall’articolo 2120 del codice civile, che prevede anche la possibilità di richiedere un anticipo in determinati casi. Il trattamento di fine servizio (TFS), invece, è destinato esclusivamente ai dipendenti pubblici e viene riconosciuto sotto diverse denominazioni, come buonuscita o indennità di anzianità.

La disciplina del TFR stabilisce che i lavoratori con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro possano richiedere un anticipo del 70% del trattamento maturato. Tale richiesta deve essere motivata da necessità specifiche, come spese sanitarie straordinarie o l’acquisto della prima casa, e deve essere documentata adeguatamente.

Ulteriori condizioni per l’anticipazione del TFR sono previste dalla legge n. 53 del 2000. Tra queste rientrano le spese sostenute dai genitori durante congedi facoltativi o per malattie dei figli, o per la partecipazione a corsi di formazione continua. Tuttavia, per i dipendenti pubblici, l’erogazione del TFS presenta problematiche particolari, come tempi di attesa che possono arrivare fino a sei o sette anni.

Per mitigare questi ritardi, è stato introdotto il meccanismo dell’anticipazione del TFS/TFR sotto forma di prestito o finanziamento a tasso fisso, utile per superare le lungaggini burocratiche. Questo sistema, però, comporta costi aggiuntivi per i lavoratori, alimentando le critiche verso un modello che trasferisce su di loro gli oneri di un diritto costituzionalmente garantito.

L’intervento della Corte Costituzionale e le criticità persistenti

Nel 2023, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 130, ha dichiarato che il differimento e la rateizzazione del TFS violano il principio della giusta retribuzione. Inoltre, ha evidenziato come gli anticipi erogati dall’INPS o dalle banche costituiscano un onere finanziario ingiusto per i lavoratori. La Corte ha invitato il legislatore a riformare il sistema, garantendo il pagamento tempestivo delle indennità.

Nonostante questo indirizzo, le ultime decisioni dell’INPS complicano ulteriormente la situazione. A partire dal 25 aprile 2024, è stata bloccata la possibilità di presentare nuove richieste di anticipo del TFS, una misura che inizialmente doveva essere temporanea ma che sembra prolungarsi anche nel 2025.

Euro – fonte pexels – sicilianews24.it

Le ripercussioni del blocco INPS

La motivazione principale dietro il blocco risiede nella carenza di risorse. Questo, però, si scontra con la necessità di garantire ai lavoratori il diritto a una retribuzione giusta e tempestiva, come richiesto dalla Corte Costituzionale. Il problema è particolarmente grave per i pensionati di vecchiaia e coloro che hanno raggiunto il limite ordinamentale, i quali rischiano di vedere ulteriormente dilatati i tempi di erogazione del trattamento.

Le incertezze legate al TFS e al TFR mettono in luce le criticità di un sistema che fatica a garantire la giusta tutela dei diritti dei lavoratori. Una riforma strutturale appare ormai indispensabile per risolvere queste problematiche e garantire un accesso equo e tempestivo alle indennità spettanti.

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