Gratteri: “La mafia diventa social e la politica discute ancora di intercettazioni”
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Gratteri: “La mafia diventa social e la politica discute ancora di intercettazioni”

CATANZARO (ITALPRESS) – “Le mafie mutano con il mutare della società, utilizzando tutti gli strumenti che la contemporaneità offre. Come i cittadini onesti e perbene comunicano con i social, anche loro comunicano con i social”. Così Nicola Gratteri, Procuratore di Catanzaro, in una intervista al settimanale “The Post Internazionale – TPI”.

“Le nuove generazioni di mafiosi, ‘ndranghetisti e camorristi in primis, stanno utilizzando in modo massiccio mezzi come Facebook, Instagram e TikTok per apparire come un modello conveniente e vincente – spiega il magistrato -. In questi video mettono in esposizione, come in una vetrina, il loro potere e il loro successo mostrando soldi in mano, indossando orologi d’oro e abiti griffati, guidando auto di lusso e attraendo così le nuove generazioni magari disperate. Molti giovani, disoccupati o non ben strutturati sul piano culturale, trovando allettante tutto questo, potrebbero cadere in una trappola. Noi italiani non stiamo riuscendo tuttavia a bucare quei sistemi di messaggistica utilizzati dalle mafie per mezzo di telefoni che arrivano a costare fino a 3.500 euro, mentre ad esempio ci sono riusciti i francesi, gli olandesi e i tedeschi. In Italia, negli ultimi anni, non s’è investito in tecnologia e la nostra polizia giudiziaria, sebbene resti una delle migliori del mondo, è come se fosse ancora a penna e calamaio. Dobbiamo riprenderci dal taglio delle assunzioni alle forze dell’ordine del 2010, tuttora mancano migliaia e migliaia fra agenti di polizia penitenziaria, finanzieri e poliziotti. Per lo meno, la nostra è una legislazione antimafia evoluta ma altrove di contrasto al riciclaggio non vogliono sentirne parlare”.

“Siamo rimasti alla direttiva europea che invita gli Stati a non consentire transazioni economiche superiori a 10 mila euro: mi sembra poca cosa per un Continente che vuole difendersi dalle organizzazioni criminali, anche perchè molti Paesi europei continuano a inserire nel prodotto interno lordo il ricavato delle attività illecite – aggiunge Gratteri -. Dal punto di vista etico, non mi pare una grande risposta da dare ai propri cittadini. Dobbiamo dimostrare che l’Europa non sia soltanto moneta unica e viaggi senza Passaporto. Di sicurezza e contrasto alle mafie si deve discutere. Quando, ad esempio, si comincia a discutere di riciclaggio, alcuni Paesi tirano fuori la parola magica “privacy”. Quando si vuole fare qualcosa per rendere la vita difficile ai malavitosi e proponiamo riforme normative, questi ci rispondono che c’è l’esigenza della privacy. Mentre la mafia si muove nel mondo come un unico Stato, noi dobbiamo ancora organizzarci”.

“L’Olanda – sottolinea il Procuratore di Catanzaro – è il primo Paese d’Europa per la produzione di droghe sintetiche, nel mondo invece lo è la Bolivia, già produttrice di cocaina allo stato naturale e, adesso, pure di cocaina rosa, cioè sintetica, più difficile da individuare poichè inodore: crea gli stessi effetti stupefacenti e costa meno. Le mafie hanno dimostrato, con le “designer drugs”, di sapere modificare una struttura molecolare e rendere commercializzabile un precursore chimico necessario a produrre sostanze sintetiche in grado di viaggiare, con successo, per lunghe distanze. Nel frattempo, in Italia, si discute ancora di intercettazioni, se costano troppo o no, se i mafiosi parlino a telefono o meno, evitando però di dire quale sarà il destino delle intercettazioni che riguardano corruzione, concussione e peculato”.
“C’è un sottile cordone ombelicale che ha legato la classe dirigente alla picciotteria – aggiunge Gratteri -. Le mafie sono una patologia del potere, un prodotto di certa classe dirigente che ha dato un valore economico alla violenza che è stata messa a servizio di alcune frange che poi hanno avuto la possibilità di relazionarsi con il resto della società. Si avverte sempre più un abbattimento della morale e dell’etica ed è sempre più facile corrompere e penetrare nella Pubblica Amministrazione, in concreto avvicinare funzionari proni e pronti a vendersi, prostituendosi, anche per 5 o 10 mila euro apponendo una firma dove non dovrebbe essere messa. L’amarezza è che si incomincia a notare una certa stanchezza a parlare di lotta alla mafia”.

“Forse qualcuno di noi ha sbagliato, forse qualcosa nell’antimafia non ha funzionato. Bisogna fare subito pulizia, altrimenti ci rimettiamo tutti sul piano della credibilità. L’antimafia è una cosa seria e non si fa con la partita iva ma la si fa in nome di tante persone morte e di un ideale. Dovremmo cercare di essere da modello nei confronti di coloro che non hanno il coraggio di prendere posizione. Per superare la paura bisogna essere convinti sull’utilità di quel che si sta facendo. Quando ragiono con la morte, capisco che non mi posso fermare. Se mi fermassi o rallentassi, sarei un vigliacco. E per me non avrebbe senso, all’età di 65 anni, vivere da vigliacco”, conclude il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri.

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